Di pietra (di Giorgio Cappozzo)

Ott 01, 14 Di pietra (di Giorgio Cappozzo)

Giorgio Cappozzo
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La nostra prima volta. La prima volta era accanto a me ad una cena di fine anno. Venti giorni dopo era accanto a me ad una cena da un’amica (ma non lo riconobbi). Quando lo vedo mi dico “questa faccia non mi è nuova” e monto un sorriso di circostanza… In realtà è di una simpatia incontenibile.

Di pietra
Roma, 2014
La foto. Quando si va alla scoperta di Roma molto spesso si resta di marmo per le strepitose sorprese che questa città ha in serbo. Palazzo Corsini è una gemma poco frequentata. 

 

Roma, 2014

Roma, 2014

La statua che qui vediamo di spalle raffigura Cleopatra VII Filopatore, l’ultima regina d’Egitto, nel momento in cui viene morsa dall’aspide che sorregge con la mano sinistra. All’episodio assiste impotente un cupido che in segno di lutto rovescia una fiaccola verso il globo terrestre sul quale è seduto.

La Cleopatra marmorea, visitabile a Palazzo Corsini, oggi sede dell’Accademia dei Lincei, fu realizzata nel 1574 dal ventitreenne Pietro Paolo Olivieri, ed è uno degli esempi più alti del classicismo romano dell’ultimo quarto del Cinquecento. La raffinatezza dello scalpello, il trattamento morbido delle carni e la cura dei particolari dello chignon rivelano le inclinazioni classicistiche presenti nella cultura del tardo manierismo a Roma. Per oltre trent’anni la statua ha fatto parte della collezione della regina Cristina di Svezia, che a metà del 1600 stabilì proprio a Palazzo Corsini la sua residenza romana. Nel lungo inventario post mortem della regina vengono descritti i beni mobili esistenti nell’allora “Palazzo Riario alla Lungara”, tra cui un’importante collezione di quadri, sculture, arazzi, disegni, libri e manoscritti. Nella descrizione degli oggetti rinvenuti nel corso del sopralluogo del 28 maggio 1689 figura tra l’altro «una Statua d’una donna nuda, che tiene nella destra una corona, e nella sinistra un serpe con un puttino sopra una palla dal canto sinistro, alta pal. otto, compreso il peduccio». Non v’è dubbio che si tratti della scultura dell’Olivieri, ed è interessante notare come nell’inventario non sia identificato il soggetto, peraltro indicato nell’iscrizione sul basamento, mentre nello stesso inventario, la figura giacente che abbiamo prima ricordato, è chiaramente interpretata come «Cleopatra». Nel 1742, quando il palazzo Riario diviene ormai proprietà dei Corsini, la Cleopatra venne trasferita dall’interno dell’edificio nel giardino segreto, posto nella zona meridionale del palazzo, verso porta Settimiana.

L’opera di Pietro Paolo Olivieri dunque, dalla collezione di Cristina di Svezia, passò attraverso i suoi eredi in quella Corsini, probabilmente insieme con altri pezzi, senza mai lasciare il palazzo della Lungara. La Cleopatra rimase nel giardino segreto fino al 1897, anno in cui venne rimossa a causa della soppressione del giardino stesso. Divenuta di proprietà dell’Accademia dei Lincei, fu trasportata sul pianerottolo che conduce ai locali del terzo piano del palazzo. Qui, collocata su di un piedistallo ligneo dipinto a finto marmo, sullo sfondo di una finta nicchia di colore rosso pompeiano realizzata per l’occasione, è rimasta dimenticata e ignorata per circa un secolo, fino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso.

Ignorata e dimenticata così come volutamente dimenticata e caparbiamente ignorata da questa breve rassegna ispirata alla foto di Claudio Caprara è stata la parola culo.

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