L’ombra sul palazzo più grande del mondo (di Massimo Micucci)

Feb 25, 15 L’ombra sul palazzo più grande del mondo (di Massimo Micucci)
Massimo Micucci
Consulente e Lobbista
La nostra prima volta. A Botteghe Oscure, quando lavorava nella Sezione Esteri. Poi per diverso tempo abbiamo lavorato insieme.
L’ombra sul palazzo più grande del mondo
A Bucarest, negli ultimi giorni della dittatura più odiosa nell’Europa di fine ‘900.
La foto. L’incombente presenza di Lenin in una giornata di sole pallido. Non un grande scatto, ma penso uno degli ultimi fatto da un’occidentale con quella statua lì.

 

 

Bucarest, 1989

Bucarest, 1989

1978 arrivo a Cuba nella sede della Comision Peramanente del XI Festival Mundial de la Juventud y de los estudiantes. Mi tende la mano un ragazzotto un pò inquartato “Buon giorno sono romano”. “Anche io sono romano”. Lui: “Ma io sono romano di Romania”.
Il palazzo di Bucarest a 24 anni non l’avevo ancora mai visto, anche se già giravo i cosiddetti paesi dell’est per i giovani comunisti italiani. Dei giovani comunisti rumeni sapevo solo che erano disallineati da Mosca e dunque potevano darci una mano, assieme agli jugoslavi, contro il Komsomol. In verità non lo fecero mai, e imbrogliavano solo le carte. Qualche anno più tardi ci passai davanti a quella Mole. Bucarest era scura, fredda, poco abitata.
Noi avanguardie giovanili in trasferta, eravamo annoiati e diffidenti. Qualche discoteca già “allettava” solo i fortunati ospiti di partito. Da dirigente del PCI stavo nella mitica sezione esteri: ero felice per la rottura sull’Afganistan e sulla Polonia. Gian Carlo Pajetta raccontava spesso che a Bucarest non avevano di che riscaldarsi. Ma non avevano il petrolio i Rumeni di Ceausescu? Dopo la caduta ci si aspettava un cambiamento sempre più radicale e veloce che avvenne molto dopo. Il tiranno era feroce, ma lo credevamo lontano ed in ombra.
Ce lo raccontò la TV meglio dei dirigenti di allora.
S’erano visti in tanti, giovani e non, abbattere il Muro a Berlino, ma mai il sangue, mai contestare in piazza un dittatore stalinista. Quel potere monumentale era in ombra per troppe ragioni tattiche anche ad occidente.
Dopo Timisoara il profilo oscuro del “Conducator“ si sarebbe mostrato solo all’improvviso. Con quel comizio, una adunata oceanica il 21 dicembre: un imprevisto diventato voragine, tsunami. Dal fondo della piazza qualcuno fischia, sempre di più sbandano e si ribellano, compaiono le prima bandiere con i buchi. Pesanti come una occasione perduta. Buchi neri che si portano via la ipocrisia di tanti e speranze rimaste a pochi. Scariche di mitra davanti a quei palazzi, lunghe attese, cacce, esecuzioni e persecuzioni: da noi era arrivata “appena” una Bolognina che ad alcuni parve persino troppo. Come se, abbattuta la statua oscura, qualcuno pensasse di tenere insieme il palazzo in luce alle sue spalle, il più grande del mondo. Il più assurdo. Anche quello per fortuna fu decapitato come poi altre statue e simboli.
Questa foto non appare più su Internet, c’è quasi da dubitare che si sia mai esistito qualcosa del genere. Il Delitto d’oblio. Allora non vedevamo chiaro, e qualcuno vedeva solo la prospettiva del tiranno.
Si provò tanta rabbia ma anche una piccola pietà per la sua fine in nome di un sentimento che non era stato il suo. In questa pietà per la fine degli ingiusti, per i corpi liquidati sta forse il nuovo monumento che non si vede ancora, nè in quella piazza nè in altre d’Europa