Elogio della lentezza (di Fulvia Bandoli)

Ott 23, 14 Elogio della lentezza (di Fulvia Bandoli)

Fulvia Bandoli
Ex Parlamentare
La nostra prima volta. Al regionale del PCI in Emilia a metà degli anni ’80. Era il prototipo di ingraiana. Ci siamo ritrovati su Twitter…

Elogio della lentezza
Pechino, 1991
La foto. Il fascino del tai chi chuan nei giardini pubblici di Pechino ha qualcosa di psichedelico.

 

 

Pechino, 1991

Pechino, 1991

Pazienza e resistenza, lentezza e rassegnazione. Non ho mai visitato la Cina ma queste sono le sensazioni che mi trasmette da sempre nel bene e nel male. Nel male perché a me non è mai parso un bel segnale che milioni di persone leggessero rassegnate e per anni lo stesso libro, il libretto rosso di Mao. Nel bene perché quell’uomo solo davanti ad una fila di carri armati sulla Piazza Tien An Men nel 1989 rimanda invece tutta la forza della resistenza e della pazienza.

Come questa foto.

Muoversi lentamente, con armonia ed equilibrio, controllare i propri muscoli e l’energia che si può ricavare dal proprio corpo. Consapevoli che corpo e mente sono legati  e che se lavori sul primo la mente lo sente e viceversa.

Quando per via di una malattia alle gambe di cui i medici non seppero dirmi il nome mi trovai a dover stare immobile per moltissimi mesi solo la pratica del Qi Gong, una disciplina che si rifà ai principi della medicina cinese ma appartenente alla stessa famiglia del Tai Chi, mi diede modo di trovare tutta la pazienza che sarebbe servita a guarire. Attraverso la meditazione, la regolazione del respiro e piccolissimi movimenti degli arti superiori, guidati da un maestro su di un prato verde e a piedi scalzi con altre e altri, venni a contatto con una parte di me che non sapevo di avere. Trovare le forze quando ti sembra di averle finite, scoprire che dalla regolazione lenta del tuo respiro cosi come dalla ripetizione degli stessi gesti arriva una calma sconosciuta, imparare la meditazione che prima mi sembrava solo una perdita di tempo. E ancora mi incanto davanti a questi movimenti, quando li vedo nelle foto e nei film: parlano a quella parte di noi stessi che non vuole andare sempre di corsa, sono il contrario dell’ansia da prestazione, un modo di sentire il proprio corpo e di accettarlo con i suoi limiti, le imperfezioni e con le sue enormi e sconosciute possibilità.

I migliori maestri di queste discipline hanno ripetuto per anni e anni lo stesso esercizio prima di passare al successivo, e magari l’esercizio consisteva soltanto nella regolazione del respiro e nella capacità di concentrarsi. In questa foto l’esercizio  è solo apparentemente più rapido, perché la ripetizione quotidiana, la costanza e la pazienza sono le stesse. Infine, per quante persone tu possa avere accanto, quando ascolti e regoli il tuo respiro, quando metti silenzio dentro la tua mente, e chiedi al tuo corpo di stare in equilibrio percepisci soltanto i tuoi confini di essere umano. Ed è una bellissima sensazione.