Ambra: InFame in 28 parole

Nov 08, 20 Ambra: InFame in 28 parole

Ambra Angiolini ha fatto un libro.

Ecco ci siamo l’attrice famosa che vuole fare soldi anche in libreria, per non essere da meno di qualche collega oppure per sembrare più intelligente di quanto non sia veramente.

Si chiama InFame e parla della bulimia

Ecco che vuole fare la persona impegnata. Chissà cosa ne sa veramente lei di questa cosa. Poi è sempre stata magra e bella, impossibile che sia mai stato un suo problema

E’ un libro difficile da leggere, perché è violento e crudo. Pesante emotivamente e duro da affrontare.

Ma come? Quella gente lì, non fa i libri per dire o, perlomeno, per fare credere quanto è figa? Poi i libri se li fa scrivere, mica hanno tempo da perdere…

“InFame” è il contrario dei luoghi comuni. E’ un diario di viaggio, apparentemente postumo, all’interno del lato oscuro della debolezza di una persona famosa, ammirata, amata, desiderata, invidiata.

Una donna complessa e profonda che esibisce senza alcuna remora i dolori, le sofferenze e i complessi che ha vissuto.

Non posso dire di conoscere Ambra. Quando è diventata famosa ero troppo impegnato per degnarla di qualche considerazione o attenzione. Un comunista non poteva perdere tempo con cose vacue di ragazzine superficiali. Poi a quell’ora avevamo certamente delle riunioni.

L’ho studiata più tardi.

Mi hanno colpito alcuni fallimenti e mi sono piaciute assai alcune sue interviste. Mi ero convinto, con il tempo, che lei poteva essere la Raffaella Carrà degli anni Duemila. Che aveva delle doti, solo lasciate intuire.

Poi è sparita.

Ecco. Il libro che ha scritto arriva fino a questo momento. Il suo matrimonio e soprattutto la sua maternità. Perchè è la maternità che le ha salvato la vita. La vita intesa come esistenza e la vita come parte del corpo.

Io l’ho incontrata più tardi. Era il 2008. Facevo il direttore di NessunoTv, che di lì a poco sarebbe diventata REDTV e lei lavorava con Crozza ad un programma che presentava uno sketch di presa in giro di D’Alema che si chiamava TGRED. Funzionava benissimo. Al solo nominare il cognome D’Alema, Ambra simulava un orgasmo che neanche Mag Ryan in Harry ti presento Sally reggeva il confronto. Il programma era divertente, ma lei faceva poco più della comparsa.

“Saturno contro” l’aveva resa un’attrice e la strada del cinema, era chiaro, le interessava professionalmente più di qualsiasi altra.

Le avevo proposto un’intervista in tv. Mi ero preparato. Ero stato a casa di Gianni Boncompagni per un pomeriggio e avevamo parlato di un sacco di cose e molto di Ambra. Mi aveva fatto una certa impressione la stima profonda che lui mostrava per lei. I fiumi di inchisostro scritti sulla ragazzina manipolata che occupavano il mio immaginario hanno lasciato il posto, nella mia testa, ad una relazione professionale che ha creato un personaggio, ma che ha avuto una reciprocità forte. Boncompagni è stato un maestro, ma Ambra l’allieva migliore che ricordava nella scuola della tv.

La mia intervista ad Ambra non c’è mai stata. Mi sono dimesso prima da direttore della tv e poi chissà se me l’avrebbe mai veramente concessa.

In seguito ho visto alcuni suoi spettacoli. Quello più intenso è certamente il suo monologo “La misteriosa scomparsa di W”, un testo di Stefano Benni. Credo che molto di questo lavoro abbia influenzato anche la forma della scrittura del suo libro.

Ho visto i I pugni in tasca, La guerra dei Roses. C’è stata una combinazione a cui ho dato un significato. Lo so a volte sono un mitomane. Mi ero convinto che io e Ambra avevamo qualcosa da dirci. Se una persona sceglie di interpretare “Tradimenti” – un testo di Harold Pinter. Io avevo amato immensamente il film con Jeremy Irons, Ben Kingsley e Patricia Hodge – deve avere qualcosa di speciale. Quindi dovevamo trovare il modo di fare qualcosa insieme. Di professionale, intendo.

Non sto a farla lunga. Non abbiamo fatto niente.

Per il momento.

E’ successo però che casualmente, ma davvero casualmente, ci siamo incontrati per strada. Nel senso che non ho fatto quello che la pedinava e poi saltavo fuori all’improvviso facendo finta di essere lì per case. Ero proprio lì per caso. E’ successo tre volte. Quella più clamorosa a Siena. Al Palio. Ho visto una con un vestito sgargiante, l’ho guardata a lungo e mi sono detto: “Ammazza quanto somiglia ad Ambra, quella!”. Non mi sono convinto che fosse lei intanto che mi ha salutato.

Bene, ora ha fatto un libro.

Un libro di Ambra non può che riempire di scetticismo chiunque. Se non lo avesse scritto lei e non ci fossimo incontrati per caso per tre volte certamente non mi sarebbe mai venuto in mente di leggerlo.

Invece l’ho fatto.

Ve lo dico: oltre ad avere una bellissima copertina dentro è sorprendente.

Lei ha detto che è un libro onesto. Lo è.

Ma è anche inquietante, profondo, splatter, appassionato, duro.

Forse ha adottato una massima: “Io sono stata più di quando sono e sarò”. E una parte di quella che è stata – lo racconta lei – è terribile.

Ho scelto alcune sue parole per provare di spiegare perchè.

ABBASTANZA – Uno era esattamente quello che volevo e l’avevo già capito a tredici anni: volevo amare qualcuno che mi facesse sentire in colpa, volevo qualcuno che mi ricordasse che non ero mai abbastanza.

ALLENAMENTO – Inizia così la mia vita super sportiva che non ha spazio né tempo per fare la spesa. Mi alleno moltissimo, abbracciando qualsiasi tipo di attività.

ANCORA – Fausto! La mia pancia aveva solo fame di me e della mia comprensione che io non le ho mai concesso. Sempre a cazziarmi, a chiedere qualcosa di meglio da quello che avevo e poi di più, ancora di più, sempre. Ho sostituito la parola “amore” con la parola “ancora”. […] Ho così bisogno di essere amata, un amore che non conosce condizione, corpo, bellezza, bruttezza ma soprattutto che non conosce la parola “ancora”. La parola “ancora” non la voglio interpretare più.

ANIMA – Quanto mi fa incazzare questa cosa! Non la volevo l’anima, per di più ipersensibile e furiosa. Merce difettata, me l’avrà rifilata qualcuno in tempo di saldi mentre ero impegnata a nascere.

BULIMIA – La bulimia non sono io, è il mio modo d’amare.

CHIUNQUE – Sono scostante, a me basta il pensiero d’averlo e non voglio assolutamente possederlo. Non voglio che Questo mi pensi, non voglio che provi quello che dice di provare, invece si ostina a volermi amare senza comprendere che io sceglierò sempre due dita in gola allo stare con chiunque.

CONTROLLO – Il controllo… credo che questa parola sia la peggior controindicazione al mio stato, vuol dire stare in guardia, avere sempre il nervo vivo per piantonare “l’edificio”… il mio corpo. Mi guardo vivere, mangiare, bere, respirare, sorridere, toccare, non c’è niente che non sia sotto controllo.

DESTINO – Eppure… a casa ero la più brava di tutti. A scuola ero la più brava di tutti. A danza ero la più brava di tutti. Eppure… io avrei soltanto voluto essere “la più tutti di tutti” ma il destino o la sfiga che sono figli della stessa madre, non li puoi volere tu, arrivano all’improvviso e non puoi usarli nemmeno sul libretto per le giustificazioni.DIGIUNO – Ormai vivo nella consapevolezza che digiunare sia la cosa migliore. Il digiuno d’amore mi protegge dalle abbuffate alimentari, meno sento e meno sbaglio, meno mi concedo e meno mi sento in colpa.

DISPREGIATIVO – Inizio a divorare me stessa, ho sempre fame, ogni aggettivo dispregiativo equivale a un pezzo di qualcosa da masticare.

DOLORE – Tanto a me il dolore non fa paura, lo conosco bene.

FINALE – Nel finale ho sempre trovato più concretezza e ordine, nell’inizio soltanto tutto quello che deve ancora accadere.

GUARIRE – detesto pensare alla guarigione come un premio anche perché non sono sicura di voler togliere dalla mia vita la “cosa” verso la quale sono più fedele da sempre. Nessuna storia d’amore nella mia vita è durata quanto questa. InFame.

LANGUORE – Non mi piace più quel senso di non ritorno che c’è qui, sembra tutto condannato alla convivenza e io con Lei non ci voglio convivere. Esploro me stessa da troppi anni ormai, ho fatto tour “d’interni e d’esterni” ma non ho una risposta che mi sazi, che mi aiuti a sedare questo languore costante proprio al centro della pancia. Questo vuoto in quella posizione è strategico, compromette tutto, irradia di buio qualsiasi organo, anche il cuore.

MANCANZA – Mi manco. Sono finita in un luogo dentro il mio corpo che dev’essere davvero deserto, perché quando mi cerco a voce alta la voce mi arriva come un’eco lontanissima. Mi chiamo e non mi trovo.

MANI – “Non mi piacciono le mani degli uomini quando con presunzione mi accarezzano e disegnano la forma di una pera, io non ho chiesto di sapere come sono fatta”.

NIENTE – Io non voglio niente. Però tutto il niente del mondo perché anche del nulla ho fame, una fame insaziabile, una voragine che non riposa mai.

PANCIA La mia pancia terremotata, incidentata, disperata, sempre vuota, la sta arredando qualcuno che ancora non conosco. Lavora sugli interni, io mi fido e basta. Sistema le cose, ha preso spazio, ha illuminato il buio, scaldato la zona che ora sputa fuori solo quello che non deve restare dentro. Sono completamente sua.

PARSIMONIA – Ho evitato storie o meglio, ho limonato con tanti e fatto l’amore con nessuno, che poi onestamente è quello che voglio. Darmi con parsimonia, essere desiderata ma non posseduta mi rende per assurdo molto popolare tra gli uomini. Donne molto più risolte di me non hanno il mio stesso successo, probabilmente gli uomini non sono tanto diversi da noi, anche a loro piace da pazzi essere rifiutati.

PULIZIA – Credo d’aver pulito moltissimi cessi in questi anni, anche quelli non di mia competenza per capirci. Essere utile e trovare piccoli risvolti positivi, ogni tanto mi aiuta. L’igiene è fondamentale subito dopo, sanifica i sensi di colpa, tipo: “Ho igienizzato i segni e ora posso cancellare il fattaccio”.

RESPONSABILITA’ – Al di là di tutto quello che sento dire, la diversità è sempre prendersi le proprie responsabilità. Roba da prima linea ma senza avere la forza di quelli che si mettono in mostra soltanto per essere guardati.

RIEMPIRE – Questo stato di costante bisogno di riempire lo stomaco, la mente, gli occhi, le mani, la bocca, il tempo. La sensazione netta del peso del vuoto senza la tara, gli organi sono vuoti e il loro stomaco brontola. Ognuno di loro vuole essere riempito altrimenti s’incazza.

SANITA’ – Tutte le cose sane nella mia vita hanno una morte prematura.S

SEDUZIONE – Lo penso, tantissimo, penso che dovrebbero salvarmi e invece mi guardano vivere e si lasciano sedurre per mancanza di profondità o per paura… Io non esisto, non sono quello che vedono, come possono non averlo capito?

SOSPENSIONI – Le situazioni a lungo termine nella mia vita sono solo quelle sospese.

STRONZATE – “Dovrei trattenere almeno le stronzate che penso e non vomitare fuori pure quelle, non hanno chilocalorie e posso digerirle con serenità.”

SVUOTARE – Svuoto sempre ma non riempio mai; eppure a me sembra di perdere amore anche dagli occhi. Credo che resterò sola, per sempre. Io e Lei.

WC DELLE DONNE – Sale l’ansia, il respiro affannoso, gli occhi cercano una soluzione, passano in rassegna ogni particolare ed ecco che… Entro nel mio posto, in quella che sarà, per i prossimi dieci quasi undici anni, la mia casa: il WC delle DONNE.

Appena ho finito di leggere InFame, Amazon mi ha chiesto un commento. Lo metto anche qui, così se me lo dimentico, posso ritrovarlo.

“Ambra dice che ha fatto un libro onesto. È molto di più. Mi pare onesto e coraggioso. Rompe ogni freno inibitorio verso una pagina indicibile di una vita invidiata dal mondo. Per molti versi detestata da lei. InFame è una vomitata liberatoria. È carta vetrata strofinata sullo stomaco del lettore. Ambra non spende una sola parola per piacere a qualcuno. È un libro che va oltre l’inquietudine, aggancia la disperazione. Al punto di diventare violento. È sempre difficile sapere se la propria esperienza può aiutare qualcun altro a non commettere gli stessi nostri errori. Così non si può dire se serve un libro. Ambra ci prova con generosità. Si offre nuda al lettore. Senza volgarità. Senza alcuna sensualità, anzi col suo contrario. Mostra il suo lato più oscuro. Il lato oscuro della debolezza. Il finale è liberatorio, ma senza nessuna retorica. Grazie.”

Dopo qualche giorno, sono ancora d’accordo con me.

Insomma tutto questo pippone l’ho fatto per consigliare InFame. Compratelo e leggetelo.