La parata (di Luca Misculin)

Dic 15, 14 La parata (di Luca Misculin)

Luca Misculin

Giornalista

La nostra prima volta. A IlPost che era timido e quasi spaventato… Poi ho scoperto che tiene per il Milan ed è diventato anche simpatico.

La parata

Nella campagna di Città di Castello nel giugno del 2010.

La foto. Un ultimo raduno dei bambini in procinto di diventare ragazzi alla fine delle elementari: due giornate di pazza gioia tra pallone, piscina e Umbria verde.

 

 

 

Città di Castello, 2010

Città di Castello, 2010

C’è qualcosa, in questa foto, di incredibilmente universale e casuale allo stesso tempo. Dentro questa foto, c’è un pezzettino di tutti quelli che hanno preso a calci un pallone, o che lo prenderanno fra cinque, venti, settant’anni, o che lo hanno preso cinque, venti, settant’anni fa. Non è chiaro come ci sia riuscita, questa foto, ma lo fa.

Chi ha giocato/gioca/giocherà in porta si riconoscerà nell’espressione goffa che assume la propria faccia mentre para un tiro, ritratta nelle foto scattate da genitori o amici. Fateci caso. Nessuna faccia, quando il corpo là sotto sta parando qualcosa, è normale: occhi strabuzzati, bocche semiaperte, smorfie, fossette rimarcate, guance gonfie (qui, solo quest’ultime). Quelli a cui piace collezionare magliette da calcio, riconosceranno e apprezzeranno la gran maglia (quasi nuova, lucida e pulita: lo si vede anche da qui), forse una delle più belle ed eleganti degli ultimi anni, indossata dalla squadra più forte e potente e amata degli ultimi decenni (tutti i collezionisti, a parte le maglie delle squadre turche, ne hanno almeno una di una squadra forte, potente e amata).

L’erba verde ma un po’ secca, non può non ricordare qualcosa a quelli che a calcio non ci giocano e non ci giocavano, e venivano costretti a farlo perlopiù in gita scolastica, in una vacanza studio, quando gli altri percepivano il contesto di straordinarietà e ti chiedevano di giocare lo stesso, perché tanto siamo in gita, al college, lontano, e anche se di solito non ci giochi fa niente.

La fascetta da capitano, invece, ricorderà qualcosa a chi a calcio ci ha giocato una marea, ed è stato persino scelto fra altri dieci perché in una data cosa – fra i molti criteri con cui si sceglie un capitano, da piccoli – era migliore degli altri.

A me, invece, ricorda qualcosa quella palla gialla, sgualcita come le mille palle gialle che ho passato, tirato e crossato (sono nato poco dopo la gran diffusione dei palloni colorati) quando per me quella cosa occupava buona parte delle giornate, delle settimane, e della vita.