Pappagalli verdi (di Loredana Padula)

Nov 24, 15 Pappagalli verdi (di Loredana Padula)
Loredana Padula
Project Manager
La nostra prima volta. Una ragazza seria e preparata con la quale ho lavorato bene per diverso tempo. L’ho conosciuta a Mosaico produzioni che era appena arrivata. Non parlava mai, ma aveva gli occhi sorridenti. Credo li abbia mantenuti.
Pappagalli verdi
Villa Panphili, Roma, 2014 (iPhone)
La foto. Non capita spesso che vada a correre (si fa per dire) tardi la sera, ma quella volta c’era un’assemblea di papagallini in pieno svolgimento e uno schiamazzo che sembravano galline…
Loredana Padula - Pappagalli verdi, Roma 2013 (iPhone)
Quando ho letto il titolo di questa immagine ho pensato subito al libro di Gino Strada. In quel caso i pappagalli verdi non erano un prodotto della natura, ma un artificio umano. Mine antiuomo create non per abitare il mondo, ma per distruggerlo. Eppure il verde pare sia il colore della speranza, sì, forse la speranza di non calpestare una mina.
La prima volta che ho visto dei pappagalli verdi a Roma è stato qualche anno fa, quando frequentavo l’università. Ero nella città universitaria della Sapienza, durante la consueta pausa pranzo sull’erba tra una lezione e l’altra – questo prima che il prato venisse occupato da prefabbricati orrendi, con funzione di aule poco consone per gli studenti. Il prato pullulava di gente di ogni tipo: ragazzi che prendevano il sole, coppiette poco discrete che invece di appartarsi consumavano il loro amore sul prato, cani che giocavano al riporto e poi c’ero io, con le mie colleghe, a commentare il panorama tra un boccone e l’altro di un panino preso al bar dell’università: 3 euro panino e acqua, mica male. Eravamo sedute sotto un albero per prendere quel poco di ombra che a giugno, quando ancora l’estate esisteva anche a Roma, tutti gli studenti si affannavano a cercare, in una lotta a chi occupa prima il posto più fresco. Ci guardavamo in giro, quando dall’albero sopra di noi sentiamo dei rumori strani. Alziamo lo sguardo e invece dei soliti piccioni o gabbiani di cui questa città eterna è eternamente piena, notiamo dei pappagalli verdi. Per una ragazza proveniente da una piccola città della Basilicata, il solo vedere dei volatili diversi dai piccioni è un evento, poi addirittura pappagalli verdi e a Roma. Mi domandai innanzitutto come mai, causa inquinamento, non fossero ancora diventati grigi. E allora pensai: saranno scappati da qualche zoo, allevamento o casa. E poi invece l’incredibile. Un rumore assordante proveniente da un carretto ambulante che era lì a vendere bevande li spaventa, ed ecco che si alza in volo da tutti gli alberi presenti lì intorno uno stormo di pappagalli verdi. Restiamo lì a goderci lo spettacolo, col naso in su e lo sguardo stupito. “Ma, sono pappagalli, cosa ci fanno dei pappagalli alla Sapienza?”. Bella domanda, una domanda che non ha ancora avuto risposta neanche quando vicino casa mia ho visto gli stessi pappagalli verdi, due per la precisione, che si rincorrevano da un albero all’altro.
Da quando vivo a Roma ho capito che è inutile farsi domande, perché spesso non c’è una risposta. Roma è magica per questo, perché regala emozioni improvvise, emozioni che non hanno una spiegazione, ma che se anche ne avessero una, sarebbe meglio non scoprirla.
I pappagalli verdi a Roma si prestano facilmente a una metafora più ampia della vita romana. Frenetica, abitudinaria, spesso superficiale. In questa città non ti stupisci quasi mai, perché dai per scontato che quello che accade è il risultato della vita nelle grandi metropoli. Concetto non valido, però, per i turisti, come per chi vi si trasferisce da una piccola città, studenti o lavoratori fuori sede. A Roma ciò che in un’altra realtà sarebbe anormale o comunque degno di stupore, diventa normale, parte integrante della vita di tutti i giorni. Eppure, cercando su un qualsiasi motore di ricerca, google per esempio, pappagalli verdi a Roma, saltano fuori diversi risultati sul fenomeno delle colonie di pappagalli verdi che hanno invaso i parchi della Capitale. Allora qualcuno se n’è accorto, mi dico. E in questo caso, qualcuno li ha anche fotografati.