Il millenario scontro nell’Islam tra Sunniti e Sciiti
L’Isis non è l’Islam. Noi vediamo gli attentati in Europa e ne proviamo, giustamente, orrore. Abbiamo un eco lontano di quello che – violentemente – succede in molti paesi del mondo arabo. Ma il conflitto tra le due correnti dell’islam, i sunniti e gli sciiti, ha radici assai lontane nel tempo. La politica in Medio Oriente, è dipendente dalla religione e viceversa. Ogni tanto soffermarsi su cosa realmente divide queste due correnti, e quanto è incolmabile la distanza tra loro, è utile. Poi ci sono i pregiudizi, le semplificazioni, i sentimenti di razzismo che accentuano la paura… ma questo è un altro discorso.
In uno dei canali Telegram che seguo è stata pubblicata questa infografica, che sintetizza (molto) la geografia dell’Islam in questo periodo.
Le tendenze definite dallo schema sono confermate in uno dei pezzi più letti nel sito di Internazionale, che a sua volta fa un riassunto efficace delle differenze che ci sono tra i musulmani, partendo da un’altra mappa dell’Islam.
La diatriba affonda le sue radici nel 632 dC, l’anno della morte del profeta Maometto, il fondatore dell’islam. Le tribù arabe che lo seguivano si divisero sulla questione di chi avrebbe dovuto ereditare quella che a tutti gli effetti era una carica sia politica che religiosa. La maggioranza dei suoi seguaci, che sarebbero in seguito divenuti noti come sunniti e che oggi rappresentano l’80 per cento dei musulmani, appoggiarono Abu Bakr, amico del profeta e padre della moglie Aisha. Secondo gli altri, il legittimo successore andava individuato tra i consanguinei di Maometto. Sostenevano che il profeta avesse designato a succedergli Ali, suo cugino e genero, e diventarono noti come sciiti, una forma contratta dell’espressione “shiaat Ali”, i partigiani di Ali.
I sostenitori di Abu Bakr ebbero la meglio, anche se Ali governò per un breve periodo in veste di quarto califfo, il titolo conferito ai successori di Maometto. La frattura in seno all’islam si consolidò quando Hussein, figlio di Ali, fu ucciso nel 680 a Kerbala (nell’attuale Iraq) dalle truppe del califfo sunnita al potere. I governanti sunniti hanno continuato a monopolizzare il potere politico, mentre gli sciiti hanno vissuto all’ombra dello stato, cercando una guida nei loro imam, i primi dodici dei quali discendevano direttamente da Ali. Con il passare del tempo, le credenze religiose dei due gruppi cominciarono a differenziarsi.
Oggi tutti i musulmani del mondo – 1,6 miliardi di persone – concordano sul fatto che Allah sia l’unico dio e che Maometto sia il suo profeta. Osservano i cinque pilastri dell’islam – tra cui si trova il ramadan, il mese di digiuno – e condividono un libro sacro, il Corano. Tuttavia, mentre i sunniti basano molto la loro pratica religiosa anche sugli atti del profeta e sui suoi insegnamenti (la sunna), gli sciiti vedono nei loro leader religiosi, gli ayatollah, un riflesso di Dio sulla Terra.
Questo ha indotto i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, mentre gli sciiti sottolineano come il dogmatismo sunnita abbia dato vita a sette estremiste come i puritani wahabiti. Per la maggior parte delle sette sciite è di fondamentale importanza la credenza secondo cui il dodicesimo e ultimo imam sia nascosto (ossia “in occultamento”) e che un giorno riapparirà per compiere la volontà divina. Il loro senso di emarginazione e di oppressione ha dato vita a cerimonie di lutto come la ashura, quando i fedeli sciiti in processione si flagellano per ricordare la morte di Hussein a Kerbala.
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