Odio i tatuaggi

Feb 23, 18 Odio i tatuaggi

Questo è un post molto personale. Detesto i tatuaggi, ma sono curioso. Ho visto che in questi giorni (sto parlando di sabato 24 e domenica 25 febbraio allo Sheraton di Roma) c’è un festival che si chiama The other side of the ink (L’altra faccia dell’inchiostro).  Nel sito dell’evento ci sono tutte le spiegazioni: “Torna l’appuntamento con il mondo del tatuaggio al femminile. Nell’accogliente cornice dell’Hotel & Conference Center dello Sheraton Roma 150 artiste vi attendono per rendere la vostra pelle unica. Ma “The Other Side of the Ink” non è solo tatuaggio. Negli oltre 1000 mq della manifestazione troverete i migliori tattoo supplies d’Italia con tutte le ultime novità del settore, stand di oggettistica ed abbigliamento strettamente correlato al tema del tatuaggio”.

 

Da bambino, come tutti, mi esaltavano i tatuaggi che trovavo nelle gomme da masticare, tanto che credo che facessi comprare le gomme per farmi i tatuaggi e non perchè fossi ghiotto di quei boli rosa di zucchero concentrato. Poi la pratica, l’idea di farmi incidere la pelle con un ago, mi ha sempre fatto rabbrividire. L’altro elemento che trovo insopportabile è che fatto quel segno resta per sempre e a volte anche gli altrettanto dolorosi – immagino – tentativi di cancellare il tatuaggio a volte non ripristinano la situazione precedente. Lo so: sono opinioni da vecchio bacchettone e da totale incompetente. Tanto che ho scoperto – solo per scrivere queste righe – l’esistenza dei tatuaggi temporanei, che comunque non mi attraggono. Di certo il tatuaggio racconta una storia, e visto che provoca dolore per segnarla sulla pelle deve per forza essere importante. Questo mi fa interessare al tema.

Una volta ho assistito all’incisione della gamba sinistra di J-AX, nel suo camerino prima di un concerto. Non ho visto un’adesione mistica all’operazione, ma forse perchè non era il primo tatuaggio e forse non fu neppure l’ultimo. Ma credo che la cosa mi resterà in mente per sempre, soffrivo io molto più di lui…

JAX mentre si faceva tatuare prima del

concerto dell’estate 2015 alle Capannelle

Ma faccio questo post perchè questa mattina su Anteprima, la mia seconda newsletter preferita (la prima ovviamente è questa) ha pubblicato un brano dell’intervista che Simona Bertuzzo ha fatto per Libero a Gianmarco Fercioni, tatuatore milanese: «gentleman perfetto, eleganza distillata e incedere d’altri tempi, non diresti mai che è il padre e il principe dei tatuatori. Giacca, cappello, gilet, una sigaretta che insegue l’altra in un rito che è fumo, piacere e vita goduta, studio in via Mercato 16 a Milano».

«A Venezia c’erano le prostitute che arrivavano dalla Turchia e si tatuavano le culotte ricamate e i guanti in segno di distacco simbolico dalla loro professione. Ne ho conosciute alcune che avevano tatuato sul pube la scritta “luna park”, altre “gratuit”, solo che il poveretto se ne accorgeva tardi»
E i rudi marinai?
«Avevano un linguaggio tutto loro. Se si tatuavano le ragnatele sui gomiti era segno che passavano troppo tempo al bar coi gomiti sul bancone. Se facevano le ascelle era perché non avevano voglia di issare le vele. Chi stava agli imbarchi li vedeva e già sapeva».
Significati che si sono persi.
«E che la gente non conosce più. Un giorno si presenta un bullo imponente, vestito di pelle. Aveva due maschi di rondine tatuati sul petto. Gli dico: sei gay? Lui fa una faccia risentita, per poco non si incazza, allora gli spiego che due rondini maschio significano che sei omosessuale, un maschio e una femmina che sei “accasato”, due femmine che sei un porcone. Era così che si faceva tra uomini di mare. Se avevi due rondini maschio, liberi tutti di usarti per il loro piacere».

Gianmarco Fercioni

Gianmarco Fercioni

L’articolo rivela che anche Amedeo d’Aosta e Gianni Agnelli erano tatuati ma lo imparavano solo alcuni. Prima di loro c’era stata la madre di Churchill. Mentre la regina Margherita, girando il mondo, s’era fatta una farfallina sul polpaccio.

Su Sette, il settimanale del Corriere della Sera ora diretto da Beppe Severgnini, si legge la storia del velocista americano Nick Symmonds, che recentemente ha messo all’asta uno spazio sul braccio per un tatuaggio temporaneo sponsorizzato (venduto poi per undicimila dollari all’agenzia pubblicitaria Hanson Dodge Creative).

In un pezzo del 27 luglio scorsi Maria Luisa Scalise scriveva su Repubblica che secondo l’Istituto Superiore di Sanità circa il 30 per cento dei sette milioni di tatuati italiani li rimuove. “Grazie a un (doloroso) colpo di laser tentano di riconquistare la verginità perduta”. I pentiti sono soprattutto le donne (54%) che battono i più abitudinari uomini (46%). Ma soprattutto manager e professionisti nella fascia 30-40 anni (65%).
Tra le curiosità scovate da Giorgio dell’Arti c’è che la mummia Ötzi, trovata nel ghiacciaio di Similaun in Alto Adige nel 1992 e risalente a cinquemila anni fa, ha 57 tatuaggi.

Otzi

Ötzi, l’Uomo venuto dal ghiaccio

Sempre la Scalise, ma in questo pezzo del 3 febbraio scorso, sostiene che vanno di moda i tatuaggi con le scritte: «trasformano la pelle in una sorta di quaderno immacolato dove imprimere pensieri più o meno memorabili. “La scelta di un testo è tra le più diffuse – spiega Emiliano Mataleao dello studio Mividaloca di Roma – si passa da quelle che noi definiamo “scrittine” al più complesso “lettering” che imprime sulla pelle un ricordo, un momento importante, un aforisma o una canzone”. Una scelta che talvolta rischia di essere banale: “Si è sempre più influenzati da ciò che il personaggio del momento si è fatto marchiare sulla pelle”. E anche la localizzazione sul corpo è soggetta ai capricci delle celebrity. “C’è stato il boom di citazioni in verticale perché Angelina Jolie ne ha esibita una sulla schiena -– spiega Mataleao – o la mania del costato dopo che Rihanna si è fatta imprimere la frase Al Hurria fi Al Maseeh (libertà in Dio) sotto il seno». Purtroppo, le mode non tengono conto del declino del corpo: «Il costato e gli addominali sono le parti più soggette a cambiamenti e, di conseguenza, le frasi rischiano di diventare illeggibili. Sarebbe più opportuno scegliere braccia o gambe che hanno maggiore resistenza».

Un motivo, però, per non essere totalmente contrario ai tatuaggi c’è. E’ una canzone sensuale e bellissima di Ornella Vanoni, in questa versione live al Club Tenco mi emoziona sempre.

 

AGGIORNAMENTO 19 MARZO 2018

Successivamente alla pubblicazione di questo stravagante pezzo ho scoperto sul Washington Post una bella guida rivolta a chi ha intenzione di farsi un tatuaggio. “Gli artisti del tatuaggio stanno crogiolandosi nell’ascesa del loro mestiere. Dagli anni ’70 i tatuatori hanno portato a questa attività la sensibilità artistica e la mentalità dell’artigiano”. Oggi negli Stati Uniti il tatuaggio è diventato un’industria da 2 miliardi di dollari. Nel 2010, il Pew Research Center ha scoperto che un terzo degli americani di età compresa tra i 18 ei 25 anni ha un tatuaggio, e circa il 40% degli americani di età compresa tra 26 e 40 ne ha almeno uno.

 

 

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