Togliatti e le fake news
Nel 1956, dopo la pubblicazione del Rapporto Chruščëv – che in Italia fu possibile anche grazie all’ Espresso in due articoli dal titolo: “Kruscev accusa Stalin”, pubblicati il 10 e il 17 giugno – le polemiche sul ruolo di Togliatti furono furibonde. Per chi è interessato alla reazione del segretario del PCI, è prezioso «Palmiro Togliatti. La guerra di posizione in Italia: Epistolario 1944-1964». Pubblico una pagina del libro con una furente lettera di Togliatti al direttore Arrigo Benedetti, predecessore (di diversi anni) di Marco Damilano. Il segretario si scaglia conto quelle che considera “le fake news del giornale”.
Il settimanale «L’Espresso» dedicò rilevante spazio al tema della destalinizzazione nel corso del 1956. Pubblicò il rapporto Chruščëv e alcuni servizi sui retroscena del dibattito nel Pci i cui particolari vennero smentiti da Togliatti. “Vedo che da un po’ di tempo, – scrisse al direttore, Arrigo Benedetti, – il Suo giornale pubblica notizie sulla vita del nostro partito, riunioni di organi dirigenti, “discussioni, ecc. ecc. Queste notizie sono sempre, metodicamente, false, inventate di sana pianta da una fantasia inferma, forse ossessionata».
Subito dopo, un nuovo servizio con indiscrezioni sullo stato di salute di Togliatti spinse quest’ultimo a comunicare a Benedetti che «il mio tasso glicemico oscilla regolarmente tra 0,95 e 1,10. Da questa norma credo il mio organismo sia uscito solo in occasione di gravi traumi e interventi chirurgici, il che pure è normale».
A quel punto fu Benedetti a rivolgersi al segretario del Pci, scrivendogli che non riteneva opportuno pubblicare la sua seconda lettera, anche perché le condizioni fisiche di un uomo politico importante costituivano un legittimo oggetto di informazione giornalistica. Egli riteneva inoltre inconsueta e sorprendente la smentita di tipo «sistematico» fatta da Togliatti, che comunque non avrebbe potuto incrinare il rapporto di fiducia che esisteva fra la rivista e i suoi lettori .
Di seguito ecco la risposta di Togliatti, che insieme al “resto del carteggio è rappresentativa della «tempesta mediatica» e delle difficoltà dinanzi all’opinione pubblica che il Pci e Togliatti dovettero affrontare in quel delicato periodo.
Lettera di Palmiro Togliatti ad Arrigo Benedetti, Direttore de «L’Espresso», 30 giugno 1956.
Egregio Signor Benedetti,
la mia intenzione, nello scriverle la lettera che Ella ha pubblicato, era esattamente quella. Volevo far sapere che precisamente tutte – dico tutte – le informazioni che da un po’ di tempo il Suo giornale veniva pubblicando su cose interne del nostro partito, erano false. Se i Suoi lettori non hanno creduto alla mia smentita, ciò mi interessa come fatto sociale, del resto non nuovo e spesso già messo in evidenza. La teoria di questo fatto sociale venne fatta dai propagandisti hitleriani.
Dite pure bugie – proclamarono – ma ditene molte e ditele con continuità e in forma interessante: finirà che vi si crede. Sarete creduti anche se potrete essere incorsi in «qualche inesattezza marginale». Il Suo giornale, che dice di essere «radicale» si attiene esattamente, nei confronti del nostro partito, a questa linea di condotta. Non so se la segua anche in altri campi. Se non lo fa, è forse perché lo stesso metodo, sistematicamente applicato, diciamo, a una sfera di interessi non politici, a uno scrittore, a un attore, ecc. ecc. porta a una querela e a un risarcimento di danni.
L’uomo politico è disarmato, e in modo particolare disarmato, poi, è “, poi, è l’uomo politico comunista, contro il ”“quale vale in Italia, e anche per i «radicali», la norma che adversus hostem ecc. ecc. Il giudizio morale e anche politico, però, che del metodo si deve dare è, secondo me, fuori discussione.
Quanto alle notizie sulla salute e sulle infermità, non faccia equivoci! Io ammetto – pur senza eccessiva convinzione – che si informi di queste cose; ma non ammetto la menzogna soprattutto in questo campo, dove la smentita è ridicola, la documentazione impossibile e la polemica umiliante. Neanche io non capisco certe posizioni del Suo giornale, contrastanti con l’opinione che dovrei avere di un organo radicale. Mi guarderei però bene dal pubblicare che i suoi redattori siano stati in cura dal professor Cerletti* perché affetti da mitomania.
Le ho detto con tutta sincerità ciò che penso.”
(*) “Ugo Cerletti (1877-1963) era conosciuto soprattutto per l’introduzione nella pratica medica dell’elettroshock, che aveva sperimentato negli anni Trenta, dopo oltre tre decenni di esercizio della psichiatria.”
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