Gli “Infiniti Scherzi” di Jovanotti

Feb 28, 15 Gli “Infiniti Scherzi” di Jovanotti
Se si ama Jovanotti questo lavoro è uno sballo: una pasticceria a disposizione dove ingozzarsi di note, immagini e parole. C’è veramente di tutto e di più in Lorenzo 2015 CC. Il titolo non mi piace, lo dico subito, perché altrimenti dopo che avrete letto la mia recensione, rischio di passare per un delirante fan. C’è molto cinema, letteratura, fotografia scritta e soprattutto una valanga di musica, di strumenti, di generi, di ballate struggenti (quelle che mi piacciono di più) e immagini poetiche. Ma soprattutto mi pare un lavoro contemporaneo, contaminato da tutte le cose che Jovanotti vede viaggiando, leggendo, ascoltando musica… vivendo alla Jovanotti, sempre ad alto ritmo.
Mi fa pensare a tante cose questa playlist.
 
La prima è un mio libro fondamentale (i libri fondamentali sono pochi, altrimenti sarebbero solo importanti) Il mondo che ho visto. Si tratta di un libro “minore” di Mario Praz, un divertissement, dove racconta a modo suo – da grande intellettuale e collezionista – i posti che ha visitato ricordando le storie e spiegando i particolari che ha trovato e scoperto. Ecco 2015 CC è una sorta di diario di scoperte: un’annotazione gioiosa di note (musicali, poetiche, cinematografiche…) che si stratificano e si combinano insieme. In fondo, anche questo lavoro è una grande collezione.
La seconda è trovare tante immagini in questi testi e tanto cinema. Blade Runner è citato direttamente o meno in diversi brani (e Blade Runner è un film fondamentale anche per me). Ma ci si diverte a trovare i riferimenti, le citazioni, le suggestioni che sono elencate nei testi e – per i più bravi di me – nelle partiture musicali, come si è fatto qui per Sabato.
jovanotti-2015cc
La terza cosa è che è difficile individuare un giudizio sintetico tanto è sconfinato il lavoro che sta dietro a questa raccolta: è come trovarsi a recensire Infinite Jest di David Foster Wallace. Insomma mi pare che questo “non disco”, quest’opera segni un punto di arrivo di una carriera. E’ un lavoro di grande ambizione, ma fresco e sfrontato. Una serie infinita di scherzi, se vogliamo forzare un po’ sulla traduzione del titolo di quel libro.
Una volta, nel 2005 quando uscì Buon Sangue, mi capitò di parlare non proprio benevolmente del percorso di Lorenzo Cherubini sul mio blog: “E’ stato un fenomeno interessante questo Jovanotti. Era forse quello che ho detestato con maggiore livore quando cantava Sei Come La Mia Moto. In seguito sono stato un ammiratore incondizionato della sua metamorfosi e del suo percorso di crescita, diciamo fino al 1999. Poi, anche per l’emergere irrefrenabile di una inquietudine non solo professionale, si è assistito ad una forma di ibernazione, anzi ad una regressione della quale ancora non si vede la fine“.
Bene, dieci anni dopo sono molto più indulgente, quella regressione è finita e abbiamo uno degli artisti più interessanti e innovativi d’Europa e un professionista strepitoso. Di quella sua fase di regressione ha mantenuto il gusto della ricerca, la curiosità, la sensibilità primitiva ma ha saputo trasformare con maturità la sua straordinaria energia creativa definendo uno stile inconfondibile e assumendo un profilo internazionale. Continua ad apprezzare il caos, ma calvianianamente (nel senso del nostro Italo) sperimenta il maggior numero delle strade diverse che si possono prendere.
Per dirlo in una parola Lorenzo 2015 CC è un ottimo lavoro.
* * *
** Melagioco. Ci trovo tanto Battisti qua dentro, anche se qui abitiamo più in Africa: “Salto attraverso il fuoco… Salto, salto, salto” in questi pezzi tutto afro non mi ritrovo, ma devo dire che molto spesso cose che non mi sembrano significative nelle registrazioni diventano un’altra cosa negli spettacoli e quando questi salti diventeranno fisicamente veri potrebbe esserci una sorpresa anche per me. I fiati sono sistemati bene.
** Il vento degli innamorati. Torna a soffiare dolcemente il reggae, ma un po’ malinconico. “Cambiare per sempre non stare a pensare a quello che succederà le cose da perdere quelle da fare il nostro universo a metà”… innamorati, amore mio: un classico dello sdolcinato con qualche bel gioco di parole. Non mi pare che sia un pezzo con personalità ma la leggerezza non manca. Carino, molto Jova, ma non indimenticabile.
*** E non hai visto ancora niente. Se si parte con la citazione dei Bastioni di Orione, chi ha Blade Runner come manifesto esistenziale non può che essere predisposto positivamente. “eppure eppure eppure milioni di serrature non riescono a tenermi chiuso il cuore”. Il testo è stralunato e il refrain è efficace. Un pezzo ambizioso, che cresce con gli ascolti ma che rimane algido.
** E’ la scienza bellezza. “Il tuo sedere è un panorama splendido” e nella chimica degli elementi nel cervello di un uomo parte una rassegna di ricordi… Uno dei migliori pezzi veloci di 2015 CC con belle immagini e una combinazione musica parole che funziona bene. “Questo è un grande giorno da vivere, io ci voglio credere, senza limiti senza fiato, tutto giusto tutto sbagliato”. Il solito inguaribile ottimismo e la necessità di movimento. La chitarra è tanta roba: penso che possa funzionare anche se è uno di quei pezzi che a me piace meno nelle cuffie e di più allo stadio.
** Con uno sguardo. Gran ritmo per stare dietro ad una ragazza che si occupa di una quantità di cose: “risalendo la linea dei tuoi pensieri che spaziano dalla politica alla chirurgia estetica, dalla magia all’informatica, dall’etica all’energetica alla bioetica all’arte pratica”. Poteva essere la nuova “C’è una strana espressione nei tuoi occhi”, ma la strada che Jova ha scelto è troppo diversa…
**** Il cielo immenso. Un ritornello difficile da ricordare, anche dopo diversi ascolti: “La vita non aspetta che sia giusto e il tuono non aspetterà il silenzio l’amore dato non ritorna a posto ma resta in giro e rende il cielo immenso…”, ma a me piace molto. Pensavo fosse il pezzo migliore del disco, era uscito tre settimane fa, ma fatica a salire sul podio… ma mi piace assai.
***** Insieme. Bellissima. Funziona tutto: struggente, coinvolgente… mi ricorda un po’ A Te, ma questa forse gira anche meglio. Passione e “Non ho un nome non ho un posto non mi abituo ad andar via vengo dentro e porto appiccicato addosso quell’istante di magia quando siamo come ora insieme, quando siamo io e te insieme in un attimo che dura per sempre insieme”… coro da stadio… standing ovation!
**** Il mondo è tuo (stasera). Mandiamoli a cagare i bulli e i vittimismi, gli indignati di mestiere, i fondamentalisti… Si apre con un appello alla rottamazione questa che è la canzone più renzista di questo Jova: ottimista, sicura, presuntuosa, strafottente, assoluta, energica, capace di motivare… Il mondo è di chi se lo prende! Se vogliamo è un pezzo anche a suo modo politico nei contenuti… questo pezzo si candida per essere quello che è stato “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang” in “Ora”. Gran ritmo, non vedo l’ora di sentirla all’Olimpico.
**** Pieno di vita. Un pezzo bellissimo, come l’estate. “Siamo indaffarati a cancellare le impronte della nostra vita precedente” e la cosa che mi chiedo è a chi piaccia veramente Jovanotti: per forza a chi avuto una vita precedente e io che che più ho vite precedenti di lui sono un residuo di chi è venuto prima, poi ci sono i quarantenni. Ma i venticinque/trentenni? ci sono ancora nella platea dei suoi fan? Comunque Pieno di vita fa venire voglia di vedere il concerto: scritto bene e la musica è notevole e tutto sta molto bene insieme. C’è un po’ di Messico (quello delle favole) e non solo per la tequila.
** Fondamentale.Sono i tuoi occhi che mi aiutano a ricordare che si può fare, ti porto al mare facciamo il bagno e poi si vedrà…” Strana composizione: senza un’unità. L’ho trovata troppo confusa. Troppi strati. Senza cuore. Jova dice che qualsiasi notizia domani sarà notizia di ieri. e dobbiamo trovare ciò che è fondamentale qua. Il solo registro che trovo è un certo qualunquismo. Quando l’ho sentita ho pensato a questa notizia che ho letto su Il Post, l’unico posto dove si capisce veramente che cosa è importante e che cosa è fondamentale.
** La bohème. Un rap ardito scritto (in parte) da Giacomo Puccini: globale, su timbri diversi, colto. Un’esperimento che ha una sua freschezza, ma mi verrebbe da dire un po’ troppo ingenuo. E’ uno di quei pezzi che forse si poteva evitare. Nella mia valutazione una stella in più per la fiducia…
*** Ragazza magica. Chi ha un figlio o una figlia ha una ragazza o un ragazzo pieni di magia. Il pezzo è bello, sereno, colorato, gioioso e funziona. I telefoni in cerca di campo non so come riesce a metterli dentro.
*** Un bene dell’anima. Essere d’accordo che non si è d’accordo: molte note di un’autobiografia di diverse generazioni, la fatica delle relazioni profonde, e il bilancio definitivo e liberatorio. “Poter dire un giorno è stata una fatica ma … io ti voglio un bene dell’anima”. Pezzo arrangiato benissimo. Solo Lorenzo poteva scrivere questa canzone. Bello anche il sax alla fine: un po’ Gato Barbieri (ma forse su questo ho scritto una cazzata)…
**** Le storie vere. “E procediamo incerti coi nostri pugni aperti o ce ne andiamo in giro sospesi in un respiro”… Uno dei grandi pezzi d’amore, c’è una storia, delle belle immagini, attimi spiegati bene, intimità raccontata, fotografie di vita che funzionano molto bene. Il passaggio dalla solitudine alla scoperta dell’amore nella semplicità dell’esplosione favolosa del sentimento… tutto con un profilo normale, quotidiano, vero… ottimo equilibrio: serenità, speranza, sentimenti positivi. Una padronanza di scrittura esemplare. Bravo!
*** Musica. Torna l’Africa e con uno dei più importanti musicisti in circolazione, Manu Dibango. Questo è un pezzone, ambizioso e seminale (chiedo perdono) perché ha che fare con la primordiale percezione che il nostro ha della musica. Ottimo nella scrittura musicale, quasi un saggio da studiare nei conservatori tanto è tanto: compreso il bellissimo sax finale.
***** Caravan Story. Un pezzo che è come un quadro di Hopper. C’è sentimento, leggerezza e sofferenza in un equilibro perfetto. La vita capita che a volta arranca cerca una strada per dimenticare… vide lui con quel giubbotto orrendo tutto il contrario di ogni suo percorso… Forse il pezzo più bello del disco. Intenso. Zingaro. Un grande omaggio alla vecchia scuola dei cantautori italiani e, soprattutto, francesi. Si respirano i ritmi della musica degli anni 60. Mi piacerebbe sentirla cantata in coppia con Ornella Vanoni, (ma fa parte delle mie “fisse”). La descrizione del brivido di ammirazione dell’ex marito è un tocco da fuoriclasse.
** Libera. La cosa migliore è il titolo, che meritava un pezzo più ispirato… Vorrei portarti in fondo alla notte, mostrarti il sole che sorge, stringerti forte a me e poi lasciarti andare. Non c’è una soluzione soddisfacente tra un testo che non è male, ma non mi pare che si incontri con questa musica e questo ritmo. Forse poteva lavorarci un po’ di più, o tenerla per la prossima volta.
** Una scintilla. Un titolo comunista (e kubrickiano) e una canzone impegnata e impegnativa, come tenere un drago al guinzaglio. Un viaggio in una dimensione oscura da incubo, ma alla Jovanotti: con una dose di leggerezza, ma più introspettivo rispetto agli altri pezzi. La cosa migliore io la trovo nella musica e nel giro elettronico… “io vivo nel passaggio come la flora dell’intestino, e frequento le cose possibili tra il parabrezza e il moscerino…”
**** Il riparo. Mi fa sentire a casa questa canzone di ricordi e ritmo, anche se siamo al samba pura. Al bar Giuly c’era sempre il tavolo di quelli che giocavano a Maraffone e a loro modo pensavano che il cielo sopra di loro fosse un buon posto dove stare. “Le storie d’amore a volte prendono pieghe improbabile, strade a volte si perdono…” ma questo perdersi è leggero e rassicurante. Pezzo gioioso e divertente. “Il cielo è il tetto più sicuro, il cielo sarà il nostro riparo“. Brasile e America Latina in Toscana. Piccolo gioiello cantato benissimo… Riparo, riparo, riparo sipario. Io l’avrei chiusa più in fretta senza coda dopo il sipario. Ma mi piace un casino.
* Gravity. Un altro omaggio cinematografico e a Che Guevara… La resistenza alla pesantezza della vita e una risposta tutta bum bum di batteria. Qualche immagine è efficace, ma un po’ troppo “concettuale”.
**** L’alba. Questo è il manifesto di questo lavoro mostruoso. La sigla di un ottimismo riflessivo, più maturo e sincero di quando ci limitavamo a “pensare positivo”. “Non si può tornare indietro” e qui Jovanotti non fa neppure un passo indietro. Anzi. Sembra un ragazzo che scala una montagna con una voglia e un’energia da ventenne. Non pare che non ci sia nessun naufragio nella testa di questo artista europeo, cosmopolita, che si nutre di mondo: dei ritmi che va a trovare là dove nascono, ma è sensibile ai drammi e alle cose che non vanno. La sua opera è sempre in cerca di comprendere la luce attesa dell’alba, ma che illumina di novità e io lo vedo lì: “Al centro di un passaggio la grande mutazione c’è un pezzo che si stacca dalla costa e va in esplorazione di terre emerse per impiantare un nuovo rituale” … lo spazio della libertà come l’alba che ci dà una possibilità
* All the people. Un virtuosismo e una serie di citazioni musicali con ritmi africani e chissà da dove ancora. Tante lingue. Tanto ritmo. Un piccolo delirio dove non mancano buone idee. Glielo concedo perché 30 pezzi sono veramente tanti…
**** Perché tu ci sei. Una ballata alla Jovanotti, quello migliore. Mi ha ricordato il senso di disagio di “Una storia d’amore” che era in Buon Sangue, che a me piaceva tanto. Un amore complice che lascia un segno indelebile e il giro di note da chansonnier. Ti sembra di sentire l’odore di Parigi (almeno la mia Parigi) anche se ci sono i cavalli che corrono, le palme e il soffio che alza la polvere e modella le nuvole e il sudore che scaccia gli spiriti nelle notti elettroniche. Arrangiamento maturo e sicuro. Uno dei migliori file del “disco”.
*** Sabato. Mi aveva preoccupato. Certo averlo sempre nelle orecchie sabato, sabato, sabato è sempre sabato… aiuta a superare le perplessità. Poi, diciamolo, io ho diretto per tanti anni un giornale che si chiama “sabato sera” e quindi convincermi che Sabato sia un pezzo imprescindibile ci voleva poco. I sabati sera in provincia poi sono il retrogusto noia, attese deluse e sorprese che ha segnato “le grandi compagnie” degli anni ’70. Io che ero tra i viaggiatori a bordo di astronavi verso la Riviera Romagnola: la nostra galassia dove cercavamo vita, quando Lorenzo quel motorino in copertina se lo sognava… Insomma un brano che avevo rimandato ai corsi di recupero, ma che alla fine ho promosso con un voto discreto.
**** Si alza il vento. La necessità del vivere giorno e notte e innamorarsi di un’idea incredibile, provando di fare veramente quello che si voleva. Un pezzo sulla curiosità e sul coraggio, sulla necessità di mettersi in gioco e sfruttare l’alito di vento che si alza. Non c’è “populismo”, non c’è “giovanilismo” in questa riflessione cantata. L’arrangiamento è bellissimo e Bobino, che non conoscevo, mi pare veramente bravissimo. Bello, bello. E cresce un casino con l’ascolto.
***** L’astronauta. Poi ad un certo punto Matthew McConaughey si gira, guarda in camera e comincia a cantare questa canzone… Io me lo sono immaginato così il video di questa canzone, vera e propria Interstellar della musica italiana. E’ uno di quei pezzi che ricorderemo per tutta la vita. Fantastico. Non so se sia perché abbiamo lassù Samantha Cristoforetti, ma la trovo una canzone eterna. Un capolavoro di malinconia e di poesia. Forse il miglior pezzo di sempre di Jovanotti (che ne ha fatti un bel po’ che porterei con me nell’isola deserta). C’è un astronave alla deriva e “il segnale è debolissimo”, ma perdendosi nello spazio alla ricerca di organismi primordiale: il desiderio di far tornare indietro il tempo è fortissimo. “Ditele che sto pensando a lei e che l’ultimo pensiero è solo lei” è l’appello struggente dell’astronauta che sa che non potrà tornare. Una composizione perfetta. Un arrangiamento spettacolare… Una volta ai concerti quando arrivava il momento di pezzi così ci sarebbero stati accendini e lacrimoni. Domani ci saranno cellulari e, comunque, lacrimoni.
*** L’estate addosso. Pezzo paraculo, ma in forma intelligente. Un bell’omaggio al grande Franco Battiato. Con un braccio rotto, in spiaggia in un angolo per fare colpo con quella che ti aspetti che venga a parlare con te… L’estate è la libertà, l’estate addosso, bellissima e crudele. I brevi amori infiniti. “La protezione zero spalmato sopra il cuore” è un’immagine efficace. Scivola via, ti viene da cantare e penso che avrà fortuna.
*** 7 milioni. Anni fa, con i miei amici prendevamo la macchina e partivamo con un obiettivo: una città, un paese, un rudere, una mostra, un concerto, un’opera lirica, in fondo però non era importante dove andare: era importante partire, perché come hanno detto in tanti: la meta era il viaggio e l’andare era il modo di manifestare “una grande voglia di vedere e andare dove portano le strade…” Tocca corde su cui sono molto sensibile questo 7 milioni: il senso del viaggio (più moderno e tecnologico di quello che avevamo noi figli degli anni 60, dei primi anni ’60), ma la sostanza è la stessa. Tanta energia, grande ritmo. Un pezzo ottimo per gli stadi.
**** Gli immortali. Indicazione prima dell’ascolto: non accettate gomme dagli sconosciuti. Ho avuto la sensazione che sia la storia di un cervello in fuga che si butta all’avventura raccontato alla grandissima… masticando una gomma al sapore di infinito: le grandi sfide devono avere un aspetto epico e per affrontare il mondo ci sono momenti in cui è sano e bello sentirsi Immortali. Momenti notevoli con un giro di chitarra molto efficace. Ora che ci si ritrova qui…. Più la senti e più sei parte degli immortali: una specie di droga leggerissima (che magari è in quella gomma da masticare).
*** Tutto acceso. Ritmo forsennato: pezzo da ballare, da saltare, da cantare in coro. E’ l’amore che mi guida non c’è niente di più bello di una sfida… voglio farlo ora sulla solita canzone che ogni volta sembra sempre nuova, e lo sai perché? perché lei è sempre la stessa quelli nuovi siamo io e te… C’è anche qui un frammento di coro da stadio, un trucco che coinvolge l’ascoltatore e qui la lezione è di Claudio Cecchetto dei tempi di “Mamma guarda come mi diverto”…

1 Comment

  1. Roberto Capucci /

    ciao, ti leggo sempre molto volentieri. Ho già scaricato tre brani dell’album, ma dopo i tuoi lampi di cultura musicale ritornerò su iTunes e ne scaricherò altri due che avevo troppo banalizzato: l astronauta e insieme. Sei sempre più il mio Virgilio alla scoperta della famosa luce alla fine del tunnel